Leggi la recensione su Progetto Babele, rivista letteraria
Si apre con un sole che picchia ma non fa male, tipico del sud, il nuovo libro di Alessandro Vizzino: Trinacrime – Storia di un pentito di mafia, edito da Imprimatur Editore. Dal sole arido della Sicilia prende forma la vera storia di Tonio Sgreda, detto Lu scarparu, figlio di un calzolaio, malavitoso delle cosche catanesi negli anni ottanta e nei primi anni novanta che si è pentito e ha deciso di collaborare con la giustizia. Il libro riporta, con lucidità e chiarezza disarmanti, la vita di un uomo che ha sbagliato e che ha pagato. È il risultato di un lavoro curato nel dettaglio, frutto di un’intervista durata sette giorni con trenta ore di registrazione audio. Non era il sole il nemico da affrontare… Il nemico aveva un volto e un nome ben distinti… Il nome del vero avversario era ‘fame’…. E si racconta di Tonio bambino, dell’amicizia sacra con Aspanuzzo, suo compagno di scuola. La scarsa volontà di Tonio di studiare rende il rapporto con il padre alquanto complesso, tanto che le incomprensioni e le discussioni sono all’ordine del giorno: dalle assenze a scuola, ai piccoli furti per strada, la quotidianità di Tonio prosegue nel segno dell’illegalità. Il ragazzo decide di lasciare Catania e di andare con l’amico a Milano. Lì incontra altri ragazzi che vivono di taccheggi, scippi, espedienti e si unisce a loro. Il ritorno a Catania lo consacra come uomo indispensabile per la famiglia Purtaventi-Santimarra. Il potere e i soldi arrivano con facilità. Non manca l’amore, quello che fa battere il cuore e che trasforma un uomo, anche il più crudele, in un innamorato attento e premuroso. L’incontro di Tonio con Roberta è un tassello importante nella narrazione: lei lo capisce, sta dalla sua parte e lo sostiene come moglie e come complice di tutto il sistema mafioso, anche se per amore dei figli, per proteggerli, a un certo punto si allontana dal marito. Con l’arresto sull’acchianata di Sangiuliano, qualcosa in lei si era spezzato, era mutato, come se avesse raggiunto dal giorno alla notte la coscienza che al mondo niente è invincibile, nulla è imperituro, ma tutto può stravolgersi da un momento all’altro o, nella migliore delle ipotesi, trasformarsi. Alessandro Vizzino riesce con abilità a far sentire il lettore coinvolto nel narrato, facendolo entrare nella realtà del protagonista. I dialoghi in dialetto catanese consentono di percepire tutte le sfumature di un vissuto estremo e dannato, proiettando il lettore in un mondo di estorsioni, intimidazioni e rapine fino al carcere, al pentimento e alla libertà. Il libro si chiude con una dedica profonda e sincera di Tonio Sgreda: A mio padre, ad Aspanuzzo, a Peppe. A tutti quelli a cui ho fatto del male, che non erano forse migliori di me, ma che non meritavano per questo che fossi io a decidere del loro destino. Un plauso dunque ad Alessandro Vizzino, che con una scrittura avvincente, profonda, incisiva, è riuscito a raccontare la storia di un pentito di mafia. Ritmo, intensità, chiarezza espressiva, padronanza della lingua e del dialetto: insomma, un’ottima prova d’autore per riflettere su una delle piaghe più dolorose della nostra società.